Memoria. Storia di un film memorabile.

Marcello Pezzetti con Shlomo Venezia e Romeo Rubin a Auschwitz durante le riprese del film. Foto di Ruggero Gabbai, Archivio CDEC

Venticinque anni fa, nel 1997, usciva il film-documentario Memoria diretto da Ruggero Gabbai con le testimonianze di 93 ebrei italiani sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Il film è un’elaborazione cinematografica delle ricerche storiche di Liliana Picciotto e Marcello Pezzetti, studiosi della Fondazione CDEC, che agli inizi degli anni novanta avviarono un prezioso percorso di raccolta di testimonianze audio e video dei sopravvissuti. Per la cifra stilistica innovativa e il valore storico, la pellicola ricevette diversi riconoscimenti internazionali e rimane un riferimento per quanto riguarda la testimonianza della Shoah in Italia.

A venticinque anni dall’uscita del film, in occasione del 27 gennaio 2022, pubblichiamo una rassegna di materiali – tra cui alcuni inediti – che permettono di approfondire la storia e la risonanza del film-documentario.

Marcello Pezzetti su una gru durante le riprese di Memoria. Foto di Ruggero Gabbai, Archivio CDEC

Qui di seguito trovate:

  • La registrazione della puntata del programma di Radio 3 Hollywood Party del 20 febbraio 1997, dove in occasione del Festival del Cinema di Berlino, Memoria viene presentato in anteprima mondiale. 
    Gli interventi dei due ospiti della trasmissione radiofonica, Marcello Pezzetti, autore del film insieme a Liliana Picciotto e Ruggero Gabbai, regista, sono intervallati dalla messa in onda di tre spezzoni del film.
  • Un video che contiene diversi momenti del backstage delle riprese del film Memoria, tra cui l’arrivo dei sopravvissuti a Oswiecim.
  • Alcuni estratti del recente saggio di Liliana Picciotto Memoria. Storia di un film memorabile, che racconta i retroscena e il percorso di ricerca che hanno guidato le riprese del film.

HOLLYWOOD PARTY, 20 febbraio 1997

La locandina del film Memoria

Registrazione della puntata di Hollywood Party
Si ringrazia la redazione del programma per la gentile concessione della registrazione tramite link facebook

Dall’intervento dello studioso Marcello Pezzetti: “Sono contento dell’accoglienza che [il film Memoria] ha avuto qui a Berlino. Un’accoglienza molto calda anche se io, devo dire, sono stato subito molto duro durante la prima conferenza stampa, e con i giornalisti tedeschi e con il pubblico tedesco, perché tutti hanno recepito il messaggio del film – questo film parla anche della responsabilità dell’Italia nell’avvento della Shoah in Italia- e potevano pensare, i tedeschi, che questo fornisse loro qualche scusa per pensare un pochino meno alle loro responsabilità, che rimangono e questo io l’ho dovuto dire subito e la cosa sembrava avere creato un piccolo imbarazzo all’inizio, invece poi tutto è andato bene perché, in effetti, questo film non è per niente fatto per discolpare i tedeschi.

BACKSTAGE DI MEMORIA

Backstage delle riprese del film Memoria. Archivio CDEC

In questo video di backstage conservato presso l’Archivio della Fondazione CDEC, sono documentati diversi momenti delle riprese di Memoria.

I primi minuti di ripresa documentano l’arrivo all’aeroporto di Oswiecim, con l’incontro della troupe (Marcello Pezzetti e gli operatori di Ruggero Gabbai), l’abbraccio di Pezzetti con Shlomo Venezia e poi con Romeo Salmoni e Settimia Spizzichino. In un secondo momento le riprese si spostano all’interno dell’albergo dove viene filmata la cena con la preghiera recitata da Nedo Fiano per tutti i presenti: la troupe, i collaboratori del CDEC (Pezzetti, Picciotto, Nanette Hayon), Elliot Malki (produttore di Memoria) con i sopravvissuti (Nedo Fiano, Romeo Salmoni, Settimia Spizzichino, Elisa Springer, Shlomo Venezia) . Le immagini che seguono sono stralci delle riprese in esterno del campo di Auschwitz-Birkenau così come era alla metà degli anni ’90, prima degli interventi conservativi e di restauro avviati dagli anni 2000.

MEMORIA. STORIA DI UN FILM MEMORABILE

Estratti dal saggio Memoria. Storia di un film memorabile uscito all’interno del volume Le vittime italiane del nazionalsocialismo. Le memorie dei sopravvissuti tra testimonianza e ricerca storica a cura di Filippo Focardi, Viella 2021.

«L’idea di ascoltare dalla viva voce dei testimoni l’esperienza della deportazione e di registrarla venne subito dopo la pubblicazione della seconda edizione del mio Il Libro della memoria, avvenuta nell’autunno 1992. Mi misi alla ricerca di un finanziamento adatto ad un’impresa che prevedeva viaggi, macchinari, tecnici, un operatore di ripresa all’altezza del progetto. Avevo intenzione di produrre un “Archivio della memoria”, intervistando tutte le persone ancora vive in quel momento, uscite dall’esperienza della deportazione, raggiungendole dovunque si trovassero: in Italia, in Israele, negli Stati Uniti o altrove. Associai a questo progetto, il mio collega esperto di storia del campo di Auschwitz, Marcello Pezzetti».

«L’obbiettivo che ci eravamo prefissi era di creare un “Archivio della memoria” costituito dall’intero corpus documentario raccolto e, nel contempo, scegliendo opportunamente tra le centinaia di ore di “girato”, produrre un film fruibile da parte del grande pubblico. Per questo secondo progetto parallelo occorreva un regista e un montatore all’altezza, che furono trovati in due validi professionisti, i già menzionati (Ruggero) Gabbai e (Daniele) Orsini».

Backstage delle riprese di Memoria: Liliana Picciotto e Marcello Pezzetti con Martino Godelli. Foto di Ruggero Gabbai, Archivio CDEC

«L’idea fu, da subito, di seguire le indicazioni del regista Claude Lanzmann nel suo indimenticabile e monumentale film Shoah che riportò i testimoni sui luoghi stessi dove avevano vissuto il loro dramma: dalle carceri locali, fino al culmine del loro viaggio di deportazione ad Auschwitz. La prima questione da affrontare era capire quante erano le persone ancora in vita nel 1994 e dove era la loro attuale residenza, ne trovammo 93. Non fu facile indurli a parlare, molti erano vissuti fino ad allora cercando di seppellire nella loro coscienza la terribile esperienza, mentre la nostra impresa rischiava di risvegliare in loro lo shock che era stato tanto difficile superare. I più ostili al progetto furono i parenti: coniugi e figli che si ergevano a protezione dell’equilibrio mentale dei loro cari. Alla fine, riuscimmo a guadagnarci la fiducia dei singoli con colloqui personali, con frequentazioni amichevoli delle famiglie, con opera di convincimento serrata. Una volta rotta la crosta autodifensiva, tutti, salvo pochi, si sottoposero agli spostamenti richiesti e alle interviste, realizzate anche in condizioni disagevoli come quella realizzata all’interno del carcere di Regina Coeli a Roma, alle Murate a Firenze o a Auschwitz-Birkenau stesso. La ragione per la quale queste persone accettarono di parlare era quella di proiettare sul futuro la loro terribile esperienza e lasciare una traccia diretta di ciò che avevano passato. Ha agito in loro l’idea di collettivizzare la memoria e, in fondo, di perseguire una politica della speranza».

Backstage delle riprese di Memoria. Foto di Ruggero Gabbai, Archivio CDEC

«Le interviste hanno seguito tutte lo steso andamento: infanzia e vita famigliare (…), il tempo della minorazione dei diritti civili (…), il tempo del pericolo di vita (…), la deportazione (…), la selezione per chi doveva vivere o morire (…), la schiavitù (…)  la liberazione (…), il ritorno (…). Inizialmente ci siamo detti: “avremo 93 racconti, tutti uguali”. E’ avvenuto, invece, il contrario, mai come in questa occasione, abbiamo capito che ogni uomo è un mondo a sé e che può reagire davanti all’oppressione in modi totalmente diversi».

«Indimenticabili i motteggi di Romeo Salmoni quando ricorda i patteggiamenti con gli zingari imprigionati nel campo: pane contro fantasiose canzoni romane; o lo sguardo penetrante e incuriosito di Elisa Springer, un’elegante signora che ricorda la brutalità della “Sauna”, il grande locale dove venivano lavate e immatricolate le detenute, in fila nude, in mezzo ai lazzi delle guardie; o l’incedere di Nedo Fiano lungo i binari di ingresso a Birkenau che enumera uno ad uno i suoi famigliari, scandendo i loro 10 nomi, compresi quello della sua nonna e del suo nipotino di pochi mesi, tutti uccisi ad Auschwitz; o il racconto di Sabatino Finzi che, davanti ai resti di Monowitz, mostra un sassolino che si è portato dietro da Roma, da posare sulla tomba virtuale del padre. La tomba non esiste, sembra rendersene conto solo allora davanti a noi e, all’improvviso, con un singhiozzo scaglia quel sasso contro l’aria».

Backstage delle riprese di ‘Memoria’: Marcello Pezzetti e Massimo Verga. Foto di Ruggero Gabbai, Archivio CDEC

«Durante tutto il film, i testimoni raccontano con la massima pacatezza le sofferenze subite. C’è silenzio assoluto attorno a loro, lo stesso silenzio sospeso indotto nello spettatore. Non un filo di rabbia traspare, c’è solo dolore e contenuta disperazione per essere stati impotenti davanti alla crudeltà altrui, nel rivedersi puri oggetti e non soggetti come sono ora, al momento di testimoniare».

«Memoria non è un usuale documentario, non ha immagini di repertorio, non documenti dell’epoca, non è però neppure fiction con una composizione narrativa: inizio di una storia, svolgimento, conclusione. Il tempo dentro Memoria è sospeso, quasi non lo si percepisce. Tutto parla della stessa cosa, di una presenza inquietante: lo sterminio».