In occasione del Giorno della Memoria e in risposta ai più recenti episodi di antisemitismo sul nostro territorio, il nostro Osservatorio antisemitismo ha pubblicato la Relazione annuale sull’antisemitismo in Italia.
Qui di seguito l’introduzione della Presidente UCEI Noemi Di Segni
L’annuale relazione sull’antisemitismo in Italia dell’Osservatorio del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea fa il punto su un fenomeno che anno dopo anno assume contorni diversi, mantenendo al contempo profonde ramificazioni nella società, con modalità che vanno dal generico pregiudizio all’avversione più convinta, dall’avallo altrui monosillabico alla propaganda pianificata per propagare l’odio antiebraico o addirittura dell’azione violenta.
Il report è di grande interesse, e fotografa un Paese in chiaroscuro: se infatti l’Italia figura quasi sempre nella parte bassa della “scala” dei Paesi più antisemiti in Europa, triste primato saldamente in mano all’area est europea e ad alcune grandi nazioni con problematiche interne complesse, non può non stupire come un diffuso sentimento antiebraico sia presente nella società italiana con percentuali per nulla trascurabili e connotati che ben chiaramente rievocano secoli di rapporti tra chiesa e comunità ebraiche o l’epoca fascista, non affatto conclusa nella sua influenza con la fine della guerra in Italia.
Seppure l’Italia continui a essere un Paese meno esposto di altri a derive antisemite più radicali – che, come sottolinea il report, vanno sempre di pari passo con le peggiori derive xenofobe, omofobe, islamofobe e più in generale razziste –, dobbiamo prendere atto che serpeggia nella società un insieme di pregiudizi e di sentimenti ostili al mondo ebraico, inclusa una pervasiva avversione per lo Stato d’Israele, la cui denigrazione e delegittimazione è parte integrante del fenomeno e ha un ritorno in eco di odio anche verso le comunità ebraiche.
Uno dei punti nodali dell’indagine di quest’anno è l’inquietante presenza di stereotipi antisemiti all’interno della propaganda no vax: l’antisemitismo si nutre da sempre di complottismo, e il fenomeno no vax, con il suo portato di paranoia verso presunti poteri sovranazionali che starebbero sperimentando su tutti noi i vaccini o che addirittura avrebbero creato ad hoc la pandemia, si è innestato perfettamente nel quadro dell’antisemitismo classico. La pandemia ha fatto anche emergere un fenomeno di distorsione della Memoria della Shoah, con l’accostamento del green pass alla “stella gialla” e con deprecabili sfilate di persone indossanti abiti e simboli dei deportati nei campi nazisti, appropriandosi di quanto avvenuto nella storia per descrivere un proprio presunto male. Un fenomeno, e un modo di pensare pericoloso che alla fine porta alla violenza, che abbiamo denunciato con forza, perché l’antisemitismo che si traduce man mano in esplicito odio passa anche per la banalizzazione, l’abuso e la distorsione della Memoria della Shoah.
Mentre gli episodi di attacchi eclatanti di terrorismo creano uno shock, generano movimenti di identificazione e chiamano alla pronta azione anche tutte le istituzioni, lo scatter giornaliero di molteplici micro-episodi viene assimilato come ovvietà inevitabile, quindi di fatto legittimandone l’esistenza. La lotto all’antisemitismo deve invece avversare tutto l’insieme – la pianificazione di cancellare Israele e le comunità ebraiche così come un semplice tweet di ripetuto pregiudizio.
Questo il quadro.
Come possiamo agire, per arginare questo insidioso diffondersi di pregiudizi, parole d’odio, minacce e veri e propri atti ostili e violenti?
Innanzitutto, dobbiamo utilizzare al meglio gli strumenti più importanti che abbiamo nelle nostre mani: l’educazione, la cultura, la diffusione di una conoscenza del popolo ebraico, dei suoi valori profondi e della sua storia tanto intrecciata con la storia del Paese nel suo complesso da esserne parte assolutamente viva e integrante.
In secondo luogo, è necessario continuare nel lavoro di prevenzione e contrasto insieme alle Istituzioni, compreso il ripensamento di alcune norme e dell’attuale impostazione di alcuni reati. Moltissimo hanno fatto e continuano a fare in tal senso, con stretto raccordo e ascolto ma ancora molto va fatto in termini di attuazione all’interno di un quadro nazionale ed europeo che si riconosce in valori che all’antisemitismo sono diametralmente opposti e proprio per questo presuppone un richiamo corretto delle libertà fondamentali che non devono essere abusate per diffondere odio.
A noi spetta non solo raccogliere e analizzare ma capire come dobbiamo agire partendo dal presupposto che l’antisemitismo richiede un’azione di rete istituzionale – non gli ebrei da soli, non per gli ebrei – ma per l’Italia e ancor più per la vita in un perimetro europeo che garantisca dignità e valori di vita. È una responsabilità che presuppone coerenza fino in fondo. Anche da parte di chi si attiva va chiarito che non ci si sceglie un pezzo di antisemitismo da combattere e da difendere. È un tutt’uno e se non si comprende la profondità, gravità e mutevolezza del fenomeno nel suo insieme non si può affrontare.
L’antisemitismo è infatti un fenomeno complesso e pericoloso non solo per la minoranza ebraica, ma – come insegna dolorosamente la storia – per tutta la società. Occorre combatterlo in tutta la sua eterogeneità e mutevolezza, ispirandosi ai principi del rispetto per i diritti di ogni singola persona e per ogni diversità, e del contrasto a ogni forma di discriminazione alla base del nostro vivere comune.