Hag Pésach Sameach!

The Passover Seder, Lee Schwimmer

Nell’augurarvi un Pésach gioioso e significativo con le vostre famigliecondividiamo con voi questa riflessione del nostro direttore Gadi Luzzatto Voghera. Hag Sameach!

Nel commentare il brano della Haggadàh di Pésach “Avadìm Hainu” (Siamo stati schiavi del faraone in Egitto…), il rabbino Jonathan Sacks scriveva: “Una delle regole per raccontare la storia durante Pésach è che ogni persona deve sentirsi come se avesse lasciato personalmente l’Egitto. La storia diventa memoria. Il passato diventa presente. A questo punto, quindi, parliamo delle conseguenze continue del passato. Se l’Esodo non fosse avvenuto e gli Israeliti fossero rimasti in Egitto, nessuno degli eventi successivi della storia ebraica si sarebbe verificato. Ciò che siamo e dove siamo ora è il risultato di ciò che è accaduto allora”. Sacks poi continuava: “C’è una differenza fondamentale tra conoscere e raccontare la storia. Non raccontiamo la narrazione dell’Esodo per sapere cosa è accaduto in passato. Lo facciamo perché ogni racconto incide quell’evento in modo più profondo nei nostri ricordi e perché ogni anno aggiunge le sue intuizioni e interpretazioni. L’ebraismo è un dialogo costante tra passato e presente e, poiché il presente cambia di continuo, c’è sempre una nuova giustapposizione, una nuova sfaccettatura della storia. I Saggi dissero: ‘Non c’è casa di studio senza chiddush (rinnovamento), una nuova interpretazione’. La storia di Pésach non invecchia mai, perché la lotta per la libertà non finisce mai, e quindi ogni generazione aggiunge il proprio commento alla vecchia-nuova storia”. La riflessione di Rabbi Sacks mi sembra importante per chi lavora con il problematico nesso tra Storia e Memoria. Nel compiere il rito della lettura della Haggadà di Pésach ogni anno ci troviamo a fare i conti con un testo ricco di stimoli. Un insieme di fonti letterarie che ci provengono da secoli diversi. Testi che vanno collocati nel loro tempo, ma che ci offrono spunti di riflessione sul nostro presente. Al centro, sembrano esserci due elementi fondamentali: la trasmissione di una tradizione (i bimbi che domandano “cosa c’è di diverso questa sera da tutte le altre sere?” e i genitori che rispondono inoltrandosi in una narrazione tra afflizioni e liberazione); e un articolato percorso di riflessione sul tema della libertà. Il richiamo a fare della “storia” dell’uscita dall’Egitto una memoria personale va inteso come indicazione a ognuno di noi affinché si studino nel profondo le fonti che ci hanno trasmesso quell’evento fondativo. La storia del passato è messa alla prova della riflessione sul tempo presente. Un’operazione che non è mai semplice e che non prevede la facile scappatoia che ci spinge a disegnare l’umanità ricorrendo alla semplice e liberatoria equazione binaria dei perseguitati e dei persecutori. I testi della Haggadà ci dicono di una realtà ben più complicata, a cominciare dalla complessa descrizione dei “quattro figli”: uno saggio, uno malvagio, uno sempliciotto e uno che addirittura non è in grado di porre domande. L’ebraismo, alla sua radice, ci offre un mondo complesso, e ci propone percorsi aperti per poterlo interpretare.

Hag Pésach Sameach, Buon Pésach a tutte e tutti