Eloisa Ravenna e i processi ai criminali nazisti

ritratto di Eloisa Ravenna

Nel 1963, a causa dei forti contrasti con il Consiglio, Guido Valabrega terminò la sua carica di segretario. Alla fine dello stesso anno fu nominata alla guida del CDEC Eloisa Ravenna, giovane originaria della Val di Susa e da sempre coinvolta con passione nelle attività ebraiche. Già dal 1961 Eloisa aveva iniziato a collaborare con l’Archivio, raccogliendo documenti e testimonianze, e dal 1963 al 1973 si dedicò alla direzione del Centro con straordinario impegno e dedizione.

Presentazione dei Diari di Emanuele Artom, post 1966.

Uno dei primi progetti realizzati da Eloisa fu la pubblicazione, nel 1966, dei Diari di Emanuele Artom, giovane partigiano ucciso sotto tortura, il cui esempio di alta moralità e intelligenza fu a lungo cifra costitutiva della memoria giovanile ebraica italiana. Ma il decennio di Eloisa fu per lo più caratterizzato dalla rigorosa raccolta di documentazione e testimonianze per i processi ai criminali nazisti, operazione che trasformò il CDEC in istituto di importanza nazionale per le ricerche sulla Shoah. 

Nel novembre del 1964 il procuratore della Repubblica Federale Tedesca, incaricato di indagare sui delitti di massa nazionalsocialisti, convocò Eloisa Ravenna a Dortmund per prendere conoscenza della documentazione raccolta e conservata presso il CDEC. Dopo quel primo contatto, altre sollecitazioni vennero da parte dei tribunali di Osnabrück e di Berlino e il Centro fu investito di incarichi ufficiali da parte delle procure tedesche di ritrovare in Italia prove a carico degli accusati, di reperire testimoni dei crimini e di ricostruire le circostanze di quelle azioni. Fu l’occasione per ottenere permessi speciali di consultazione degli atti delle Prefetture e delle Questure delle varie città. Le richieste di collaborazione tedesche si collocavano in una fase in cui la Germania Federale aveva iniziato ad istruire nuovi processi contro i criminali nazisti, operando un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti caratterizzati da una “febbre alla clemenza”. 

Eloisa con Maria Strola, testimone oculare dell’arresto di una delle famiglie ebraiche uccise dai nazisti sul Lago Maggiore

Nel 1968 il Tribunale di Osnabrück – dopo essersi trasferito diverse volte negli uffici del CDEC a Milano per raccogliere le deposizioni di chi non aveva potuto recarsi in Germania – condannò i criminali nazisti responsabili per gli eccidi del Lago Maggiore. Si trattò di un buon risultato, ma non tutti i processi successivi si conclusero con un esito altrettanto positivo: nel marzo del 1970, i criminali accusati dell’eccidio di 54 ebrei in provincia di Novara furono prosciolti in appello, inoltre, il 3 dicembre 1971, iniziò il processo contro Friedrich Bosshammer, l’ufficiale della Gestapo accusato di aver organizzato le deportazioni dall’Italia verso Auschwitz dopo il febbraio del 1944. «II lavoro per il processo è stato senza sosta, e si può ben dire che e andato al di là delle reali possibilità fisiche, più volte, il giorno si e saldato alia notte e sono state superate le venti ore di lavoro consecutive… » scriveva Eloisa a Giorgio Romano. Prima ancora della discussione in aula, la perizia storica allestita con grande impegno dal CDEC fu ricusata per “legittima suspicione”. Ciò nonostante, grazie anche ai documenti reperiti dal CDEC, l’accusa fu convincente e l’anno seguente, nel 1972, l’imputato fu condannato all’ergastolo. 

Dopo un intenso decennio di lavoro, Eloisa si spense l’anno successivo, nel settembre del 1973, lasciandosi alle spalle un Centro che aveva consolidato la sua posizione nel panorama nazionale e andava tessendo un’importante rete di collaborazioni internazionali. Fieri del lavoro svolto sotto la sua direzione, i collaboratori del CDEC continuarono a portare avanti il lavoro del Centro mossi dal suo esempio.

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