di Laura Brazzo
“…riparto settimana prossima. Le lascio il mio numero israeliano. Ci risentiamo appena a casa”. Ci siamo lasciati così con Guido Di Veroli, venerdì scorso – con la promessa di riprendere il discorso che avevamo appena cominciato sugli albori del CDEC. Domenica 14 novembre 2021, all’improvviso Guido Di Veroli inaspettatamente ci ha lasciati, prima di riuscire a tornare a casa, in Israele; prima di riuscire a riannodare i fili dei tanti suoi ricordi che con la mia telefonata avevo sollecitato.
E per il nostro CDEC la scomparsa di Guido Di Veroli è, in certo modo, la scomparsa di un pezzetto di fondamenta – quelle fondamenta nascoste sotto gli edifici, talvolta (ingiustamente) dimenticate, proprio perché non visibili, ma senza le quali il più bell’edificio non starebbe in piedi.
Guido Di Veroli, poco più che ventenne (era nato nel giugno del 1933), alla metà degli anni ‘50 era un giovane impegnato, soprattutto nell’educazione, a tutto tondo, di altri giovani e più giovani ebrei. Era consigliere del Circolo Giovanile Ebraico CGE di Roma e nel 1955, insieme a Roberto Bassi, si dedicò convinto alla costruzione di un “Archivio della Resistenza”, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. Di Veroli divenne prestissimo, per sua stessa ammissione, il braccio destro a Roma di Bassi. Proprio perché a Roma, Di Veroli teneva i rapporti diretti e non sempre semplici ( “Cantoni specialmente ci dava del filo da torcere….”) con l’Unione Comunità Israelitiche Italiane (UCII) ed era in contatto con il colonnello Massimo Adolfo Vitale, presidente del Comitato Ricerca Deportati Ebrei (CRDE) e rappresentante dell’ Unione Comunità Israelitiche Italiane (UCII) al CDEC dal 1956.
Guido Di Veroli – lo leggiamo fra le pieghe delle nostre carte – ebbe un ruolo importante nella formazione del CDEC e in particolare del suo Archivio. Fu lui a ricevere da Massimo Adolfo Vitale la documentazione del CRDE che compose il primo nucleo organico dell’Archivio del CDEC; e fu ancora Di Veroli ad avviare una primissima campagna di “interviste” fra testimoni e protagonisti della Resistenza e della Delasem.
Nell’ottobre del 1955 Guido Di Veroli fu anche fra i principali organizzatori della giornata romana in ricordo delle vittime della retata del 16 ottobre 1943 – quella stessa alla quale lui e la sua famiglia riuscirono miracolosamente a fuggire grazie ad un “corridoio” di passaparola fra famigliari e conoscenti, come mi ha raccontato lui stesso durante la nostra breve telefonata (e come più distesamente fece qualche anno fa con Liliana Picciotto, il fratello di Guido, Sergio Di Veroli di cui conserviamo la video-intervista).
Fu per iniziativa di Guido Di Veroli che le interviste a sei reduci della retata e di Auschwitz, furono registrate su vinile per essere depositate nell’archivio del neonato CDEC, perché scriveva a Bassi, avevano “una portata documentaria eccezionale”.
Il CDEC deve molto a Guido Di Veroli, a tutto il tempo che in quella seconda metà degli anni ’50 egli “sottrasse ai suoi studi” in ingegneria, per gettare le fondamenta del CDEC.
Di Guido di Veroli, della sua attività, oggi l’Archivio della Fondazione CDEC conserva le tracce – insieme a quelle che lui stesso aveva contribuito a raccogliere sui partigiani, sugli uomini e le attività della Delasem, sui deportati ebrei – e con esse ne mantiene vivo e tangibile il valore.